LE DONNE DI PASOLINI

Film documentario di 90 minuti, in prima serata su Rai3 il 15 giugno 2023

IL FILM DOCUMENTARIO

Le donne di Pasolini” è il docu-film diretto da Eugenio Cappuccio e narrato da Giuseppe Battiston che rilegge in modo inedito e originale Pier Paolo Pasolini, attraverso le donne più importanti della sua vita, l’amatissima madre Susanna Colussi, Maria Callas, Laura Betti, Oriana Fallaci Giovanna Bemporad, partendo dai territori friulani in cui è cresciuto e da cui ha tratto ispirazione. 

Il film documentario porta all’attenzione anche delle nuove generazioni la personalità e l’arte del grande regista, scrittore, poeta e drammaturgo incrociando linguaggi narrativi diversi: i repertori d’epoca, la parte filmica narrativa con Battiston e quella teatrale. Attraverso testi estratti da scritti, dichiarazioni e interviste reali, cinque attrici rievocano infatti le figure femminili che per Pasolini erano muse, complici, amiche e ispiratrici e con le quali creò legami intensi e indissolubili: Susanna Colussi interpretata da Anna Ferruzzo, Maria Callas da Carolina D’Alterio, Laura Betti da Martina Massaro, Oriana Fallaci da Liliana Massari e Giovanna Bemporad da Sara Mafodda. Arricchiscono la narrazione testimoni illustri, tra cui Dacia Maraini, che con Pasolini instaurò una profonda amicizia dal 1967; e ancora, Emanuele Trevi, Liliana CavaniDavid Grieco.

Alla ricerca di uno sguardo inedito sulla poetica di Pasolini, Giuseppe Battiston, ripercorre i territori friulani - la terra della madre di Pasolini - raccogliendo le voci delle persone che lì vivono e lo hanno conosciuto: da Casarsa della Delizia, con Casa Colussi, sede del Centro Studi Pier Paolo Pasolini, e il Bar degli Amici, a Versuta con la sua chiesetta, dove Pasolini aprì con la madre una scuoletta, da Aquileia e dintorni alla laguna Di Grado, set del film “Medea”. “Provo semplicemente a ripartire da queste amate campagne senza tempo e dalle sue radici – afferma Battiston all’inizio del suo viaggio. “Radici che sono in questi luoghi ma anche e soprattutto in una donna, sua madre, e così mettersi in ascolto di lei e, con lei, delle donne che in qualche modo gli sono state vicine e importanti compagne di vita. Forse è come prendere una strada secondaria, una deviazione, e chissà se proprio da lì io non riesca a sentire ancor più chiara la viva voce di Pier Paolo”. 

Il docu-film attraversa gli snodi fondamentali della vita di Pasolini per ricomporne l’eredità  culturale e gli aspetti più umani e personali: dalle difficoltà economiche della famiglia durante la sua infanzia, il rapporto difficile col padre e con la propria omosessualità e il conseguente senso di colpa, lo scandalo e il processo dopo i fatti di Ramuscello del 1949, il legame del tutto personale con il sacro e la religione, l’impegno politico e la stima per Gramsci, fino alla sua seconda parte della vita a Roma, dai successi letterari al passaggio all’arte cinematografica. E poi gli incontri con personalità come Totò, Alberto Moravia, Ninetto Davoli, Eduardo De Filippo, dei quali vengono proposte interviste video in cui raccontano aneddoti personali sul regista.

Un racconto cadenzato dai legami femminili più intensi e indissolubili che Pasolini ha stretto nella sua vita, veri e propri amori platonici estranei all’eros. Cinque figure femminili diversissime fra loro ma accomunate dal loro essere anticonformiste, passionali e appassionate, in grado di coniugarsi con la sensibilità di un artista che ha lasciato un segno indelebile nella cultura non solo italiana e capace di un rapporto con il femminile profondissimo

Su tutti, si staglia il legame simbiotico con la madre Susanna, che desiderava sentire ogni giorno, anche a costo di percorrere 50 chilometri in Africa per raggiungere un telefono pubblico, e alla quale scrisse in una poesia “Tu sei la sola al mondo che sa del mio cuore ciò che è sempre stato, prima di ogni altro amore”. Un sentimento ampiamente ricambiato: “Il mio amore è tutto per lui, il mio piccolo principe. È come volevo un figlio da sempre: poetico, sensibile, fedele. E tanto più i rovesci e le durezze della vita ci han colpito, tanto più il nostro rapporto è diventato stretto, totale”. 

Arte e letteratura sono invece le basi del rapporto con la poetessa ebrea Giovanna Bemporad, grande traduttrice dei Classici. Conosciuti a Bologna, tra liceo e università, “Passavamo le ore a parlare e a leggerci poesie fino a notte; anche qui, a Versuta, quando Pier Paolo mi ha chiesto di venire qui ad aiutarlo con la scuoletta”. 

Grande stima e affetto provava per lui anche Oriana Fallaci, specie per “il suo occhio poetico, di un grande cronista che naviga contro l’omologazione della sua epoca. Lui si mise a descrivere, studiare un mondo che noi tutti ignoravamo. Pier Paolo era poeta sublime dei guai, di quei ragazzi di strada, delle loro vite, gioiose e disgraziate. Studia come un entomologo innamorato, cercando di avvicinare quella poesia alla realtà”. 

Laura Betti è stata invece l’anfitriona che ha introdotto Pasolini nei salotti degli intellettuali romani, l’amica innamorata, “moglie non carnale”, sacerdotessa della sua eredità, che dedicherà tutta la sua vita per dargli giustizia e verità. Che impara a capire e amare la Capitale “attraverso la poesia di Pier Paolo; quella è la Roma che io amo, anche se non mi appartiene, perché io sono estremamente borghese”.

È infine una complicità speciale quella che lo lega a Maria Callas: se lui era affascinato da lei per la “violenza totale dei suoi sentimenti senza freni”, la complessa lavorazione di “Medea” nel 1969 e lo sguardo del regista che andava oltre “alla diva sacra della scena che ero sempre stata” regala invece a lei una nuova consapevolezza artistica, un passaggio che culmina nell’amore violento e irrealizzabile con Pasolini: “Impossibile non innamorarsi di un uomo così. Mi ha illuso. Anzi, sono stata io a illudermi”.

Anticonformista e attento osservatore dei cambiamenti della società italiana del Secondo Dopoguerra e delle sue contraddizioni, Pasolini ha proiettato fino a noi il suo sguardo poetico su un mondo ancestrale e perduto. “Ciò che Pier Paolo insegue in Africa, è forse quel che cerca e trova anche nel legame con sua madre, con la terra di sua madre; quel ventre che sempre lo accoglie, quel senso di protezione ancestrale, di un mondo perfetto e perduto, così lontano e diverso da quello di una società spaccata violentemente in due davanti alla sua opera, tra chi lo ama e difende e chi lo odia e condanna”, afferma Battiston, prima che la narrazione si concluda da dove era partita, con la morte di Pasolini e con il grido disperato della madre che invoca giustizia. 

NOTE DI REGIA

Le Donne di Pasolini” è stata una rara occasione per affrontare una materia profondamente familiare, e altrettanto amata, sempre cercata, vissuta, attraverso le letture e il cinema di Pier Paolo Pasolini. Autore che considero fonte inesauribile di ispirazione ed etica esemplare per chi faccia questo mestiere o per chiunque voglia aprire gli occhi davanti alla realtà, per tentare di tradurla oltre i miraggi di superficie. 

Pasolini è guida, interprete dell’umanità negletta e della storia, che con la sua inarrivabile integrità artistica, poetica, politica, visionaria, ci dà un esempio monumentale di eroismo intellettuale, tatticamente stroncato in quel premeditato e organizzato agguato di gruppo all’idroscalo di Ostia. Un omicidio politico-criminale mal sentenziato.

L’affezione profonda per la sua poesia, e il percorso nella totalità della sua opera, sono stati per me il fondamentale viatico e primario strumento per affrontare questo ricchissimo spunto tematico legato al rapporto di Pier Paolo Pasolini con le donne della sua vita. Mi sono avventurato in questo non facile percorso con il massimo rispetto filologico biografico e letterario, visto che la ricostruzione di quel mondo femminile a Lui relazionatosi negli anni, riproponeva, in scena, la necessità di “ricostruire” le voci di protagoniste straordinarie, che erano e sono a loro volta importantissime autrici ed artiste. 

Ho dovuto maneggiare una molteplicità di materiali e percorsi davvero complessi, sia dal punto di vista del repertorio audiovisivo individuato, sia da quello della scrittura dei testi recitati dalle attrici che ci ripropongono, nel film, quelle donne, in particolare il personaggio della madre del Poeta, Susanna Colussi, nei confronti della quale ho riservato una particolare, direi minuziosa, attenzione esegetica testuale che spero restituisca tutta la profonda complessità del rapporto madre-figlio, vera struttura portante di questo film. 

Ma pari attenzione e coerenza con le fonti ha richiesto l’offerta al pubblico della figura di Laura Betti, di Giovanna Bemporad, di Oriana Fallaci, di Maria Callas. Ho avuto la fortuna di incontrare delle attrici straordinarie che credo abbiano assolto con magica identificazione la difficile missione di restituire l’essenza di quelle magnifiche figure coniugate in vario modo con Pasolini. 

E vengo ora all’apporto importantissimo ricevuto dall’amico Giuseppe Battiston, che tutti conosciamo quale attore dotato di un’umanità profonda e di mirabile capacità interpretativa. Al di là del suo essere friulano, cosa che nel nostro viaggio in quelle terre, grazie a lui e alla lingua che fu anche di Pasolini all’inizio della sua attività di scrittore, è stata di grandissima importanza per entrare nelle pieghe profonde delle origini della poetica pasoliniana, questo interprete riesce a essere identificativo di un sentire comune. La mancanza di Pasolini. Nel film Battiston ci restituisce, attraverso lo sguardo e la sua voce-guida, il senso non solo della bellezza quasi misteriosa della parola di Pasolini, ma appunto anche del senso di inquietante, tragica mancanza che quell’uomo ha lasciato in tutti noi, nel mondo intero. Giuseppe è davvero rappresentativo nel film, del nostro sentirsi orfani di Pasolini. Il suo peregrinare in quella comune terra, ci aiuta poi a riflettere su quanto il “femminile”, e in particolare il legame con la madre di Pasolini, Susanna Colussi, abbiano rappresentato nella nascita e crescita del sentire pasoliniano. Ma Battiston estende il valore della sua ricerca intellettuale affettuosa con la partecipazione di chi sente in Pasolini un fratello. E l’ambito di tale prezioso sentimento non si riduce a una mera nostalgia, ma assurge, alla fine del percorso, a una nuova sua, e nostra, consapevolezza, oserei dire filosofica ed esistenziale, che è il diretto precipitato del confronto con le opere e la vita di Pier Paolo. Lo sguardo di Battiston il friulano, in quella ricerca di senso per fare ancora più suo Pasolini indagando il suo rapporto con quelle donne, quei luoghi, quella natura, quella luce, quella storia d’Italia, ci regala lo squarcio di un’ulteriore scoperta di questo immenso Autore e compagno di viaggio, che parafrasando la testimonianza di Edoardo De Filippo alla fine del film, abbiamo tutti perduto e sentiamo insostituibile oggi come, e forse, più di ieri. Non fosse altro per la connotazione violenta e oscura di quella mistificata morte.

Eugenio Cappuccio

CAST ARTISTICO E TECNICO

Giuseppe Battiston          

Anna Ferruzzo   Susanna Colussi

Liliana Massari Oriana Fallaci

Sara Mafodda Giovanna Bemporad

Carolina D’Alterio Maria Callas

Martina Massaro  Laura Betti

Una coproduzione Rai Documentari con Anele

Con il contributo di Rai Teche e con il sostegno di Fondazione Aquileia

Soggetto: Gloria Giorgianni, Federica Tuzi, Eugenio Cappuccio

Sceneggiatura: Anna Pagliano, Eugenio Cappuccio

Collaborazione alla sceneggiatura: Federica Tuzi

Story editor: Michele Imperio

Fotografia: Valerio Evangelista (Aic-Imago)

Suono in presa diretta: Emanuele Amodeo, Alberto Carleschi, Riccardo Righini

Costumi: Cinzia Aggio

Scenografia: Federico Baciocchi

Montaggio: Graziano Falzone

Musiche: Ratchev & Carratello, Edizioni Curci s.r.l.

          Organizzatore generale: Alessandro Torrisi

Delegati di produzione Anele: Lorenzo Taboga, Elisa Battisti

Produttori esecutivi: Pasqualino Suppa, Marcello Tarantini

Produttore associato: Carlotta Schininà

Delegata Rai: Raffaella Palladio

Produttore creativo Rai: Gianluca Casagrande

Prodotto da Gloria Giorgianni con Tore Sansonetti

Regia di Eugenio Cappuccio